Urbem fecisti, quod prius orbis erat
Claudio Rutilio Namaziano – “De reditu suo”
Abitare uno spazio, nell’accezione antropologica del termine, significa potervi investire desideri, sogni o ricordi, per farne un “luogo” identificabile e nel quale riconoscersi.
Andrea Staid – “La casa vivente”
I ritratti di questa pagina fanno parte di un progetto più ampio intitolato “INSOFFERENZA URBANA” iniziato nel 2021 e tuttora in corso.
Questo capitolo raccoglie le storie di uomini e donne resilienti, alcuni bio ispirati, altri in cerca di comunità e relazioni autentiche; lavoratori che decidono di spostarsi favoriti dalla tecnologia.
La vicenda pandemica in realtà, non ha fatto altro che stigmatizzare un atteggiamento sempre più diffuso in Italia nel corso degli ultimi anni: l’abbandono dell’urbanità a favore di un “altro” tangente e parallelo portando alla luce moltissimi degli “insofferenti” che popolano il paese in maniera del tutto trasversale.
Molte sono le istanze, e il quadro delle ragioni di chi decide di cambiare vita è molto più complesso di quel che non sembri. Non si tratta soltanto della voglia di una “seconda possibilità”, ma quasi sempre di un vera e propria avversione verso un modello sociale considerato insostenibile che tocca ogni segmento del proprio privato, dall’abitazione al lavoro, dai mezzi di trasporto all’alimentazione fino all’educazione dei propri figli, e che la pandemia ha accresciuto.
La pandemia ha amplificato il tutto.
Secondo il report dell’istituto Gabetti (Il Sole 24 ore, 21 aprile 2021) infatti “è un vero e proprio terremoto quello che impatta sugli stili di vita e dell’abitare a causa del Covid”, dove si legge che l 21% degli intervistati ha sostenuto che il fenomeno dello smart working ha comportato -o comporterà- un ritorno al proprio comune di origine, soprattutto fra chi risiede in grandi citta (28%), molto meno per chi già vive in piccoli abitati (9%)
Un vero e proprio abbandono della città insomma, che per il 13% del campione rappresenta l’abbandono di uno stile di vita frenetico e per un altro 13% l’idea di un contesto ambientale ideale dove far poter crescere i propri figli. Per un 21% la prospettiva di un minor costo della vita e per un 14% la possibilità offerta da un’abitazione di famiglia.